Guerra di trincea
Nel maggio 1915 l’Italia
dichiarò guerra all'Austria-Ungheria e si venne così a creare il lungo fronte
italo-austriaco che giungeva sino all’Adriatico. Gran parte di questo fronte
era dislocato proprio nell'estremo nord-est del Friuli, tra Italia, Austria e
Slovenia, arrivando fino al Carso. In
questo fronte si combatté una guerra definita di di trincea. Quelle trincee
furono scavate dagli stessi soldati, assecondando la tipologia del terreno. Entrambi gli schieramenti, davanti alle rispettive trincee, avevano posizionato
chilometri di reticolati di filo spinato. La
zona compresa tra le trincee avversarie era chiamata terra di nessuno e dopo un
assalto diventava un vero e proprio ammasso di cadaveri, feriti e crateri.
Ma il superamento delle barriere di
filo spinato era indispensabile per
penetrare nella trincea nemica e così si erano costituite le cosiddette
“Compagnie della Morte”, composte da volontari, che, attrezzati con pinze taglia-fili, riuscivano ad aprirsi
dei varchi nella fitte matasse di filo spinato. A protezione di questi
“guastatori” erano state costruite speciali corazze antiproiettile. In Italia
furono utilizzate le "corazze
Farina", le quali però avevano l’inconveniente di pesare molto e di
rendere impacciati i movimenti.
Utili per colpire bersagli in movimento e aprire ampi
corridoi nei reticolati nemici furono anche le "lancia-torpedini" e
si deve al capitano del Genio, Alberto Bettica, torinese, il brevetto di un
tipo di lanciatorpedine e del suo relativo proiettile, detto "tubo Bettica”. Le peculiarità
principali dell’arma di Bettica consistevano nell’agevole trasportabilità,
dovuta al peso modesto, e nella facilità del suo assemblamento.
Caratteristico dell’attacco delle
trincee nemiche era l’impiego della bomba a mano, la cosiddetta granata tipo SIPE, dalla denominazione
del fabbricante: la Società Italiana Prodotti Esplodenti di Milano. Ma anche la
granata a mano lenticolare, un
piccolo disco esplosivo da lanciare «come un sasso».
Durante
la prima guerra mondiale l’uso delle bombe a mano andò
aumentando sempre più fino a diventare uno degli strumenti più utilizzati in quella che
era divenuta una guerra stanziale fatta di trincee e fortificazioni varie.
In questo contesto le nazioni belligeranti
svilupparono vari artifizi per aumentare la distanza a cui le “b.a m.” potevano
essere lanciate e di conseguenza incrementare le proprie capacità offensive.
Uno di tali artifizi è rappresentato
dalla bomba per fucile “Benaglia”. Il suo utilizzo era molto semplice, dentro la
canna dell’arma veniva inserito il codolo dell'ordigno, mentre
il puntamento
veniva effettuato poggiando il calcio del fucile a terra.
Trincea italiana al fronte italo-austriaco
Da una nota lapide del Sacrario di Redipuglia
Corazza Farina (Tribuna Illustrata, 2-9 gennaio 1916)
Lancia-torpedine Bettica pronta per lo sparo (dal Museo della Guerra di Rovereto)
Il lancio della torpedine o tubo Bettica per distruggere i reticolati del
nemico che attaccava i guastatori italiani anche dalle cime delle montagne
Granata a mano lenticolare
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